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Geil di Bruce & Bongo (Ccnsrnmc… n. 2)

1986: due soldati inglesi di stanza in Germania s’invaghiscono (venerdì 13 dicembre, dice la canzone) della parola GEIL che, oltre al significato originale di arrapato, viene utilizzata nello slang giovanile per definire qualcosa di fantastico.

La canzone, nata come una parodia dei pezzi di Falco (quello di Der Kommissar e Rock Me Amadeus, morto una decina d’anni fa in un incidente d’auto nella Repubblica Dominicana: zia wiki racconta che Fu sepolto al Cimitero Centrale di Vienna, vicino a Ludwig Van Beethoven; al suo funerale erano presenti 10.000 persone, la sua bara fu portata da un gruppo di motociclisti rock viennesi, gli stessi che anni prima avevano partecipato al video di Rock me Amadeus), rimane per tre mesi al primo posto nelle classifiche tedesche ed austriache, ed ha enorme successo anche in Europa (in Italia si fermerà al quarto posto in classifica).

Ma la società “gli amici delle sette note” non è contenta, e nei paesi di lingua tedesca la canzone è apertamente osteggiata dalle organizzazioni conservatrici, e addirittura messa all’indice dal governo tedesco (con risultati ridicoli, viste le vendite), per colpa della presunta -ma neanche poi tanto- volgarità della parola GEIL.

Il video è meravigliosamente meraviglioso, con quei capelli e quei vestiti che erano possibili solo negli anni ’80, e le vecchiette in palestra con tutine alla Sandy dai mille colori, e le flessioni fatte scandendo i parziali di un match di tennis, e Boris Becker, sconosciuto fino a pochi mesi prima e già star globale, figuriamoci in Germania…

Beh: bentornati, anni ’80. Almeno per quattro minuti.

Ping Pong di Plastic Bertrand (Ccnsrnmc… n. 1)

Attenzione perché questa diventerà una specie di rubrica: purtroppo nemmeno il Tubo è particolarmente generoso con alcune delle canzoni che ho in mente di proporre, ma vedrò di arrangiarmi in qualche modo.

Queste, quindi, sono quelle “canzoni che non si ricorda nessuno ma che…”: alcune sono obiettivamente trash e/o bruttine, altre piccole perle praticamente sconosciute, altre ancora forse non avranno niente di che, ma mi ricordano qualcosa e allora…

Ovviamente parto con il trash: Festival di San Remo 1982, condotto da Claudio Cecchetto, Daniele Piombi (chi? ah… me l’ero dimenticato) e la splendida Patrizia Rossetti:

vince Riccardo Fogli con “Storie di tutti i giorni”, ma il botto lo fanno Al Bano e Romina Power con “Felicità” (seconda classificata). Gli ultimi due posti sono appannaggio di due giovinetti che, in carriera, riusciranno a vendere qualche disco: penultima è “Vado al massimo” di Vasco Rossi, ultima “Una notte che vola via” di Zucchero Fornaciari.

Io resterò sempre affezionato a “Sei la mia donna” di Mal (che farò suonare decine di volte nel juke-box dell’Albergo Bossi di Darfo durante una serie infinita di comunioni, cresime eccetera insieme a… boh: da bambinello ballavo “Quello che non ho” di Fabrizio De André) e a “Sette fili di canapa” di Mario Castelnuovo.

Ma la canzone che mi colpì più di tutte fu indubbiamente questo gioiellino inguardabile:

io avevo undici anni e nessuna conoscenza del francese, tanto che fino a pochi secondi fa, prima di andare a controllare il testo su Google, l’avevo sempre cantata in questo modo orribile: “aspetta che arriva la ball” (sì, lo so, lo so… e comunque non me lo ricorderò mai, il testo giusto).

riguardando il video la prima cosa che mi è venuta in mente è stata: ma a questo Plastic Bertrand non farà male la testa? Perché quel continuo batti e ribatti a me sa un po’ di pericoloso… tipo che poi uno sviene.

certo: basta guardare quel… cos’è, un giubbino? coso rosa e bianco per avere un leggero mancamento.

ma parliamo della bizzarria di avere un cantante belga con un pezzo in francese al Festival della Canzone Italiana: per quanto possa sembrare assurdo, Plastic Bertrand (ovviamente un nome d’arte), si era fatto conoscere come batterista di una punk band, gli Hubble Bubble. Da solista incide subito un grande successo mondiale (ça plane pour moi, 1977, che verrà reinciso da un sacco di artisti -zia wikipedia ne cita almeno 4-  e che è un classico (dice sempre zia wiki) punk-new wave-pop, che non so cosa voglia dire): anni dopo confesserà che, un po’ come successe con Den Harrow e i Milli Vanilli, lui si limitava a fare le mossette in play back e le canzoni (i suoi primi 4 album: e… sì, ci sono rimasto male anch’io: questo qui ha fatto più di quattro album?) le cantava un altro, il suo produttore Lou Deprijck.

Tra parentesi (eccola!): Plastic sostiene di essere stato lui, a venire danneggiato “Sono io la vittima. Volevo cantare, ma lui mi impediva di entrare in studio (…) mi aveva promesso che poi sarebbe stata pubblicata anche la mia versione, ma questo non è mai accaduto“.

Si trasferisce in Italia dove nel 1981 registra Hula Hoop, un altro successo che, però, non ha più nulla a che vedere con il punk. E quindi è quasi logico (ehm….), tenendo presente che il Festival era presentato da un dee-jay, Claudio Cecchetto, trovarlo in gara a San Remo.

Ah! giusto per la precisione: stò tizio ha venduto qualcosa come venti milioni di dischi…

p.s.: Joe Strummer, cantante e leader dei CLASH (un gruppo che non credo abbia bisogno di presentazioni) di lui disse: “Se avessi detto ai puristi del punk che ça plane pour moi era un buon disco punk, loro si sarebbero arrabbiati. Ma Plastic Bertrand, chiunque egli fosse, aveva messo in tre minuti qualcosa che faceva ballare anche uno in coma. Non puoi nemmeno nominare Plastic Bertrand ai puristi, ma quel disco è stato molto meglio di tanti album cosiddetti punk“.

Ma tu pensa…

(pubblicato originariamente il 7/9/2012)

I miei Sanremo parte 1 (di 3): 1983/1992

Quest’anno non ho ancora visto praticamente nulla (anche perché l’accoppiata Conti/De Filippi mi attira come uno spogliarello di Giuliano Ferrara): non mi sembra male la canzone di Michele Bravi, mi piace quella di Paola Turci e sono curioso di sentire quella di Samuel. Ho trovato sul tubo la (sempre bellissima e bravissima) Paola Cortellesi in coppia con Albanese, che da sola valeva di sicuro la visione delle prime due serate… a occhio, il livello delle canzoni in gara è più basso, rispetto a quello delle ultime edizioni.
Sperando di trovare il tempo per vedere molto di più, nei prossimi giorni, “ristampo” i post del vecchio blog su Sanremo:

(pubblicato originariamente il 6/2/13)

posto che quest’anno al Festival ci sarà Elio (e Cristicchi, e Gazzé, e Silvestri…) sono abbastanza tentato dal guardarmene almeno un paio di puntate.

ed è vero che, per quanto se ne possa parlare male, Sanremo mantiene intatto il suo fascino: nonostante le canzoncine con rime “amore-cuore”, le vittorie inspiegabili (Tiziano Scanu? Davvero? Con quella roba inascoltabile lì?), le dirette interminabili, il periodo buio del playback negli anni ’80, big che vendono meno dischi del Bepi (che, a parte gli scherzi, è uno che vende davvero un botto), i cachet altissimi, i comici che non fanno ridere, i giovani che spesso sono già vecchi dentro; nonostante io sia sicuro che buona parte dei miei ricordi piacevoli del Festival siano legati al fatto che… beh: ero più giovane. Ecco: nonostante tutto, ripassando l’elenco delle canzoni in gara, mi rendo conto dell’importanza di quello che, comunque, resta l’evento principale della musica italiana.

per scoprire che quest’anno il Festival si terrà dal 12 al 16 febbraio ho dovuto lasciar perdere il sito ufficiale (piccolo suggerimento per la prossima edizione: io ce la metterei, la data, in home page) e cercare su wikipedia.

e così mi son detto: prima di ribadire l’ovvio (e cioè che quest’anno ha già vinto Elio, a prescindere dalla classifica finale) facciamo un po’ di amarcord, partendo magari dal 1983, così facciamo trent’anni tondi e me la cavo con un post per decennio…

mi sono voluto affidare esclusivamente alla memoria e non ho riascoltato nessuna delle canzoni prima di scrivere questo post, così può essere che io abbia saltato canzoni memorabili o che abbia ricordi positivi di emerite cazzate.

mi sembra opportuno precisare anche che… beh: negli anni presi in considerazione in questo post ero poco più che un bambinello e i gusti musicali sono decisamente meno “sofisticati” di quelli odierni. Quindi parlerò -anche- di canzoni che a molti di voi (e anche al me stesso attuale) sembreranno banali e troppo commerciali, e spesso i miei brani preferiti sono stati quelli demenziali, ma per esempio l’ultimo pezzo di questo post è Zitti Zitti (il silenzio è d’oro) degli Aeroplanitaliani, un gioiellino dimenticato troppo presto.

1983

nell’anno in cui vince Sarà quel che sarà di Tiziana Rivale (che nel curriculum poteva esibire la partecipazione a tre tournée estive di Gino Bramieri e… praticamente basta), carneade presto dimenticata da tutti tranne che da me e Paolo Limiti, al Festival partecipano anche i Matia Bazar con Vacanze Romane, Toto Cutugno, vincitore morale con L’italiano e soprattutto un giovane Vasco Rossi, penultimo con Vita Spericolata (una canzone che avrà una vita leggermente più lunga di quella della Rivale). Completano un podio tutto femminile Donatella Milani con Volevo dirti e Dori Ghezzi con Margherita non lo sa (che a me piacevano entrambe parecchio).

Io mi ricordo anche Complimenti di Stefano Sani (se un po’ ti senti mia/ non mandarmi via/ non farmi naufragare in un mare di malinconia) e La mia nemica amatissima di Gianni Morandi (belle), e Abbracciami amore mio di Christian (uno dei misteri degli anni ’80: cosa ci trovavano le donne in questo JulioIglesiasdènoartri? mah…):

Da segnalare la prima partecipazione di Zucchero Fornaciari (ventesimo con la dimenticabile Nuvola ma autore di ben 5 delle 30 canzoni in gara), una delle rare canzoni pregevoli di quel simpaticone (si nota l’ironia?) di Amedeo Minghi (1950, che non si classificò tra le 25 finaliste) e Una catastrofe bionda, canzone di Marco Ferradini talmente riuscita che il cantautore comasco non la inserirà nella raccolta dei suoi successi (che poi ci rido sopra, ma io me la sono comprata e l’ho anche ascoltata parecchio… non credo però di offendere nessuno se dico che, a parte Teorema, Ferradini non è di certo ricordato come uno sforna-hit).

Il Festival 1983 sarà ricordato anche per gli ospiti: uno spettacolare Peter Gabriel con Shock the Monkey, Toquinho che, con Acquarello, era sulla cresta dell’onda, una delle rare incursioni nell’heavy metal con gli Scorpions e i Saxon e i nostrani Pippo Franco (con Chi chi chi cò cò cò), Raffaella Carrà, Domenico Modugno e Nino Manfredi.

vogliamo parlare dell’esibizione dell’ex leader dei Genesis, con quel volo in mezzo al pubblico e la camminata finale sulle poltrone dell’Ariston (e la schienata contro il palco, anche…)? fantastica, vero?

La canzone che mi è piaciuta di più quell’anno è stata sicuramente Vita Spericolata (ok: di Vasco e del perché non mi piace si sappia che mi piaceva magari parlerò un’altra volta).

1984

i primi quattro classificati sono, nell’ordine, Al Bano & Romina Power (Ci sarà), Toto Cutugno (Serenata), Christian (Cara) e Pupo (che anni dopo ammise di aver comprato il piazzamento della sua Un amore grande). Il trionfo dell’ovvietà sanremese.

Però ci sono anche Non voglio mica la luna di Fiordaliso, Non scendo di Anna Oxa, Regalami un sorriso di Drupi (oh! come si fa a non volere bene a Drupi?), Come si cambia di Fiorella Mannoia, Nuovo Swing di Enrico Ruggeri e Allo Stadio degli Stadio (rispettivamente penultima e ultima classificate): niente di trascendentale, ma canzoni che conoscono ancora (quasi) tutti. Tra i giovani trionfa un tizio ricciolino e immusonito che piace un sacco alle ragazzine e che non siamo ancora riusciti a toglierci dalle balle: Eros Ramazzotti (Terra Promessa).

A me piacevano anche Solo con l’anima mia di Marco Armani (di Ron e Luca Carboni) e Aspettami ogni sera di Flavia Fortunato (che male fa l’amore se sorprende sulla pelle la voglia di te):

La mia canzone preferita, però, è Anni Ruggenti del Gruppo Italiano:

Tra gli ospiti si segnalano i Queen, che cantano per due sere Radio Ga Ga, i Culture Club (la splendida Victims), Paul Young con Love of the Common People e Mark Knopfler con Soul Kissing.

1985

un ragazzino messicano che nessuno ha mai sentito nominare si slaccia la cravatta e diventa in tre minuti l’idolo delle adolescenti italiane: è Luis Miguel, che arriverà secondo con Noi, ragazzi di oggi:

Ok: è tutto molto, molto imbarazzante ed è facile fare dell’ironia sul fatto che questo tizio sembrava sparito e invece è diventato un mito vivente in tutti i paesi latinoamericani, vendendo milioni di dischi (per dire: ha duettato con Frank Sinatra, cazzo!), oppure sul fatto che la canzone che faceva “siamo il fuoco sotto la cenere” sia stata scritta da Toto Cutugno, o sulla sua incapacità di cantare in playback (e ancora di più se si guarda come si vestiva: un ribelle in giacca bianca e papillon…), però avreste dovuto essere davanti alla televisione con gli occhi di un tredicenne per capire cosa dava l’impressione di significare quella canzone (che senza dubbio è campionessa mondiale di retorica 1985). Vinsero i Ricchi e Poveri con Se m’innamoro, ma tutti furono d’accordo nell’eleggere vincitore morale Eros Ramazzotti con Una storia importante. La canzone che resterà nella storia è Donne di Zucchero: snobbata dalla giuria (si classificò penultima), ricordo però che la canticchiavano tutti, il giorno dopo, sul pullman per andare a scuola.

Tra le presenze femminili, oltre alla solita, visivamente imponente, Anna Oxa (A lei), c’era una splendida Lena Biolcati con Innamoratevi come me, di Valerio Negrini e Roby Facchinetti: il coinvolgimento dei Pooh non era casuale. Lena fu la compagna di Stefano D’Orazio, uno che si è fatto anche Emanuela Folliero. Vogliamo parlarne?

 

no: non saprei che altro dire…

Quarto classificato, tra i giovani, Cristiano De André con Bella più di me (che ho cercato per anni in 45 giri) e che amavo prima ancora di sapere chi fosse suo padre (che quell’anno risulta addirittura tra gli autori di una delle canzoni in gara: Faccia di Cane dei New Trolls).

Gli ospiti sono quanto di meglio la classifica possa offrire ai tempi: Duran Duran, Sade, Bronski Beat, Village People, Spandau Ballet, Talk Talk e Frankie Goes to Hollywood.

Canzone preferita: Grande Joe dei Banco.

1986

chissenefrega di Eros Ramazzotti (alle volte capita che quello che è piaciuto di più l’anno precedente vinca l’edizione successiva con una canzone più debole: è il caso di Adesso tu), il vero mattatore è Renzo Arbore che ammutolisce tutti con Il Clarinetto, un doppio senso continuo e anche un filino volgare ingentilito però dal garbo e dalla classe di uno dei più grandi talenti televisivi italiani di tutti i tempi (che si piazza in seconda posizione). Sul gradino più basso del podio (erano anni che volevo utilizzare questa frase fatta!) c’è Marcella Bella con Senza un briciolo di testa. Anni dopo ero ad uno spettacolo di Aldo, Giovanni e Giacomo (Tel chi el telun, mi pare) e all’intervallo me la sono trovata davanti: più bassa di quanto mi aspettassi e truccatissima (e a me piacciono i visi acqua e sapone). Sono andato a stringerle la mano e a dirle: “sei stata un mio sogno erotico quando ero ragazzino”. Non mi ha salutato.

Le canzoni davvero belle, come al solito, si trovano però sul fondo della classifica: Innamoratissimo dei Righeira (quindicesima), Rien ne va plus di Ruggeri (17), Via Margutta di Luca Barbarossa (18), Brividi di Rossana Casale (20) e Canzone triste di Zucchero (penultima). Ci aggiungerei anche No East No West di Scialpi, che forse bella non è ma che ai tempi mi piaceva un sacco…

Tra i giovani vince Lena Biolcati (della quale non si trova nemmeno una foto decente su internet) con Grande, Grande Amore (maledetto Stefano D’Orazio!), mentre viene subito eliminata una certa Paola Turci (in gara con L’uomo di ieri).

E gli stranieri? Come l’anno precedente, cioè un florilegio di pesi massimi dei tempi: Sting con Russians, gli Spandau Ballet, i Depeche Mode, i Talk Talk e Falco. Poi canzoni bellissime come Captain of her heart dei Double:

questo filmato viene dal Festival di Primavera, un programma di Rete 4 che ospitava tutte le canzoni di Sanremo di quell’anno, divenendo in pratica un clone (decisamente non richiesto) del Festival

Broken Wings (per quanto tempo ho pensato che fosse una delle più belle canzoni d’amore di sempre?) dei Mr. Mister, Eldorado (Drum Theatre), The taste of your tears dei King (che si chiamavano così perché il loro cantante era Paul King) ma, soprattutto, i Fine Young Cannibals con Suspicious Mind e i fottutamente fantastici Prefab Sprout con quel capolavoro assoluto (e su alcune canzoni ho cambiato decisamente idea, ma su questa -e su tutto quell’album- proprio no) di Appetite.

Canzone dell’anno: Innamoratissimo dei Righeira, che fece anche da “canzone del villaggio” durante le ferie che feci (non quell’anno, ovviamente!) con Paola nella casa in montagna dei miei.

1987

Morandi, Ruggeri e Tozzi trionfano con Si può dare di più, ma nel girone Big ho occhi solo per Sergio Caputo e il suo Il Garibaldi innamorato (e, a memoria, quella fu la prima volta che lo sentii nominare) che, ovviamente, si piazzò penultimo. Canzone d’amore dei Ricchi e Poveri vince nettamente il titolo come testo più imbarazzante dell’anno, nonostante la concorrenza di Nostalgia Canaglia di Al Bano & Romina Power.

Quando dico che a me piace un sacco Ruggeri ma non riesco proprio ad amare Quello che le donne non dicono non ci crede mai nessuno: mah… non mi ha mai preso, né nella sua interpretazione né in quella, osannatissima, della Mannoia. Checcipossofare? Probabilmente sono un insensibile che non capisce le donne…

Però mi era piaciuta molto Come dentro un film di Luca Barbarossa (e confesso: come altre canzoni del cantautore romane, mi piace anche adesso).

Nella categoria giovani vince Michele Zarrillo con La notte dei pensieri, mentre non si qualificano per le finali Paola Turci con Primo Tango (che, però, vincerà il premio della critica) e Umberto Marzotto con Conta chi canta (di cui avevo già parlato qui). Dopo il successo dell’anno precedente, Cristiano De André non viene ammesso al Festival (e questo alternarsi di successi e bocciature sarà una inspiegabile costante della sua carriera).

Al vicino Palarock Carlo Massarini conduce uno spettacolo parallelo con un’enormità di ospiti internazionali: oltre al grandissimo Paul Simon (il suo concerto a Brescia è stato uno dei migliori a cui mi sia mai capitato di assistere):

she’s a rich girl/ she don’t try to hide it/ diamonds on the sole of her shoes: una delle introduzioni più belle di sempre

e agli strepitosi The Smiths ci sono i “soliti” gruppi da altissima classifica: Duran Duran, Frankie Goes to Hollywood, Europe (con The Final Countdown), Spandau Ballet, Pet Shop Boys, Style Council e cantanti come Bob Geldof, Whitney Houston (che regalerà un bis non previsto) e Nick Kamen. Ma il vero “botto” lo fanno gli Eight Wonder con una canzoncina carina e poco più: durante la loro esibizione alla cantante (quella Patsy Kensit che ha fatto così bene al settore oculistico negli anni ’80 e che si è sposata -tra gli altri- con Jim Kerr dei Simple Minds e Liam Gallagher degli Oasis) cade la spallina del vestito, scoprendo un seno che ha fatto perdere il sonno un po’ a tutti (chissà quante visualizzazioni avrebbe fatto il video, se fosse già esistito Youtube…):

Mia canzone preferita: Il Garibaldi innamorato.

1988

vince Perdere l’amore di Massimo Ranieri che viene però surclassata nella classifica delle vendite da Andamento lento di Tullio De Piscopo. Fantastica Italia di Mino Reitano: un inno nazionale alternativo che ha l’enorme pregio di poter essere utilizzato per qualunque paese del mondo (a me capita tuttora di canticchiarlo sostituendo Italia con -tra le altre- Olanda, Giappone, Kamchatka e addirittura Indonesia: ho qualche difficoltà con Senegal e Stati Uniti d’America). Uno di quei momenti trash che non possono non restare nella memoria.

Ricordo che mi era piaciuta Era bella davvero di Drupi, ma -tra i big- la canzone che mi aveva incollato al teleschermo, e che imparai a memoria nonostante non se la fosse cagata nessuno (a parte Mina, che ne farà una cover qualche anno più tardi), è questa splendida splendidezza qui:

Per Francesco Nuti, il Nuti di quegli anni lì, nutro un amore viscerale, una di quelle cose che mi fa dubitare della mia eterosessualità: c’erano già stati Caruso Paskoski, Io, Chiara e lo Scuro e l’anno successivo sarebbe uscito Willy Signori e vengo da lontano.

Guardatelo, mentre alza il microfono alla fine della sua esibizione…

Con tutti i suoi difetti (certe esagerazioni erano davvero sopra le righe), rimane uno dei più grandi talenti completi del cinema italiano. Forza Cecco, rimettiti in forma che ti si vuole bene.

Ok: chiusa parentesi lacrimevole.

Saranno ospiti della manifestazione sia George Harrison che Paul McCartney che, però, non si esibiranno insieme. E poi Bon Jovi, Guesch Patti, Johnny Hates Jazz, Belinda Carlisle, Rick Astley, Terence Trent D’Arby, Joe Cocker, Brian Ferry e un sacco di altri… ah! nella categoria giovani debutta Biagio Antonacci.

Canzone che ho adorato e amato e adorato e amato mille volte più di tutte le altre: Sarà per te.

1989

Fausto Leali e Anna Oxa vincono con Ti lascerò (la Oxa è, come al solito, di una bellezza che toglie il fiato), ma la canzone che resterà davvero è Almeno tu nell’universo di Mia Martini (nona classificata). C’è anche Jannacci che, ovviamente, alza esponenzialmente il livello di un Festival perso tra Vasco di Jovanotti, Il babà è una cosa seria di Maurisa Laurito ed Esatto di Francesco Salvi (l’unica delle tre che si salva). La sua Se me lo dicevi prima è l’ennesimo capolavoro.

Nella categoria Nuovi vengono eliminate Bastardo di Gloria Nuti, che scandalizza parlando dei dubbi di una ragazza che sta con uno stronzo e non vuole perdere la verginità o forse sì e che finisce con:

eppure adesso non ho più paura

com’è che adesso voglio vivere quest’avventura

ma ti sei già alzato, ti sei già rivestito

mi dici “sei una bambina, ancora non hai capito

stavolta è tutto finito, e adesso che vuoi da me?”

Bastardo almeno fammi provare!

E adesso sono qui da te

per chiederti fammi provare

attento amore, non farmi male

Simpatico (o, per dirla meglio, ridicolo) il contrasto con la canzone sul lato B del disco, intitolata Amore Platonico

Debuttano anche i Ladri di Biciclette di Paolo Belli con la canzone eponima:

canzone che tutti capiscono al volo destinata al successo (tranne, ovviamente, la giuria): più di dieci musicisti sul palco, una sezione fiati da urlo e simpatia travolgente. Tra l’altro il primo album dei LdB è semplicemente spettacolare: Heyla come va e Bar biliardo sala da thè sono bellissime.

Il vero protagonista del festival è però Beppe Grillo, che torna in televisione e… cheddire? Non credo che possa sperare nel voto di Jovanotti:

Canzone dell’anno: Ladri di biciclette (anche se adesso il mio voto andrebbe senza dubbio a Jannacci).

1990

mi sa che questo proprio non l’ho visto: vincono i Pooh con Uomini Soli e approfitto del post per mostrarvi Francesco Salvi con la sua A (la canzone dell’anno prima era migliore): ai tempi gli avevo scritto un paio di lettere… la prima l’aveva mostrata in televisione a Studio 5, quel programma che aveva fatto innamorare tutti di Roberta Termali (e che delusione, quando si sposò con Zenga!), la seconda era stata pubblicata su Tutto:

e un brano di una delle interpreti più sottovalutate della nostra canzone d’autore, Grazia Di Michele:

Sfogliando l’elenco dei partecipanti mi saltano agli occhi Ringrazio Dio di Paola Turci e Donna con te di Anna Oxa.

Ma quel Festival sarà ricordato per Vattene amore di Minghi e la bellissima Mietta che si è rovinata la carriera cantando: “e allora ti chiamerò trottolino amoroso dudù dadada” e la vittoria tra i giovani di Marco Masini con la sua canzone-manifesto: Disperato.

La mia canzone? prossima domanda, prego…

1991

E’ l’anno del successo di Cocciante con Se stiamo insieme (ridicolizzata anni dopo da Daniele Silvestri) e dell’ammissione di vecchiaia di Renato Zero con Spalle al muro. Terzi, quarti e quinti rispettivamente Perché lo fai di Marco Masini, Gli altri siamo noi di Tozzi e Spunta la luna dal monte di Pierangelo Bertoli con le strofe in sardo cantate dai Tazenda.

Fantastiche Jo Squillo e Sabrina Salerno, la più improbabile coppia di femministe, con la trashissima Siamo donne:

cioé: sentire la Salerno che canta “oltre alle gambe c’è di più” sembra una presa per il culo… certo che c’è di più!  qualcuno ha davvero mai associato il nome Sabrina Salerno a “gambe”? Beh: io no:

Tra i giovani si segnala Marco Carena, un ottimo cabarettista che, dopo il successo di Serenata e del successivo Questione di sfiga, diventerà una presenza fissa del Maurizio Costanzo Show (che, insomma: c’era già stato David Riondino).

Ma a un certo punto c’è da alzarsi tutti in piedi ed applaudire il solito, strepitoso Enzo Jannacci, che va a Sanremo a portare intelligenza e genialità con uno di quei ritratti degli ultimi che sono la trave portante della sua poetica:

e tu maresciallo che hai continuato a dire andate tutti via, andate via che non c’è più niente da vedere… niente da capire, credo che ti sbagli perché un morto di soli tredici anni è proprio da vedere, perché la gente sai magari fa anche finta però le cose è meglio fargliele sapere.

La canzone, come tutte le altre in gara, viene presentata anche in versione internazionale, con una splendida interpretazione da parte di Ute Lemper. E, restando in argomento, ecco Other People are Us, il brano di Tozzi nella versione di Howard Jones:

 Mia canzone preferita: La Fotografia, Enzo Jannacci

1992

Tra i big vince Luca Barbarossa con, come da prassi, una delle sue canzoni peggiori (Portami a ballare). Le uniche due canzoni da segnalare nel girone dei Big sono Italia d’oro di Pierangelo Bertoli e Gli uomini non cambiano di Mia Martini: poca roba, ma di altissimo livello.

Tra i giovani, però, oltre alle orecchiabili (e poco più) Brutta di Alessandro Canino e Non amarmi di Aleandro Baldi e Francesca Alotta (che vinse), ci sono due esibizioni da urlo:

Gli Statuto con Abbiamo vinto il Festival di Sanremo (ripubblicata l’anno scorso in una nuova versione per il ventennale dell’uscita) e gli Aeroplanitaliani con Zitti zitti:

Canzone dell’anno: Aeroplanitaliani e Statuto a pari merito.

Last Christmas I gave you my… vabbè: lasciamo perdere

Secondo round di canzoni natalose, ché la neve è già scesa a catinelle e nel capannone in parte al mio c’è un viavai assurdo di gente (fabbricano presepi: non ci avevo mai pensato, ma era ovvio che qualcuno dovesse farlo di mestiere), l’ufficio e la stanza della bimba traboccano di caramelle e, insomma: il clima è quello giusto.

E parto con il Babbo Natale diversamente etero più pacchiano degli anni ’80 (e non era un primato facile da ottenere), il George Michael che campeggia (da solo: così Andrew Ridgeley capisce qual è il suo ruolo nella band…) sulla copertina di Last Christmas: “lo scorso natale ti ho dato il mio cuore e il giorno dopo tu l’hai gettato via/ quest’anno, per non dover piangere di nuovo, l’ho dato a qualcuno di speciale“. E poco importa che il video sia ambientato in un villaggio di scambisti: c’è George Michael e il tutto diventa romantico (tranne quella storia delle seghe nel cesso del parco ma vabbé: nessuno è perfetto).

Cioè, in realtà la copertina originale è questa:

che, però, specie se vista insieme a questa foto promozionale

non migliora (decisamente non migliora) l’idea di un po’ tutti sul ruolo di Andrew negli Wham! (il punto esclamativo l’ho messo perché gli Wham! si chiamano così, non perché volessi dare particolare enfasi alla frase…)

1986: il cantante dei Boomtown Rats (eh?!?), tale Bob Geldof, e quello degli Ultravox, Midge Ure, scrivono Do They Know It’s Christmas?, altro testo drammatico (Geldof nel 2010 ha dichiarato di considerarla una delle peggiori canzoni di tutti i tempi: niente di particolarmente strano visto che, a parte un breve ritorno nel 1990 con un album anche abbastanza bello come The vegetarians of love, la sua immagine è sempre rimasta legata al Band e al Live Aid e non è più riuscito a rendersi credibile come cantante). Però…

Però a vedere certi cantanti uno in parte all’altro vien da star male, soprattutto per chi come me è cresciuto negli anni ’80: forse a voi Paul Young non dirà nulla, ma a me ricorda gli ultimi juke-box e “‘cos we’re living in the world of the common people e il resto delle parole che non ho mai capito cosa fossero“, e anche “Everytime you go away”, uno dei primi lenti che sono stato in grado di apprezzare. Per non parlare di Simon Le Bon con tutti i Duran Duran, Sting (che nelle foto, più che un cantante, sembra il cattivo di Dune: forse perché lo interpretava lui?), George Michael, Boy George e i Culture Club, Holly “Relax” Johnson, Tony Hadley con gli Spandau Ballet, Phil Collins, quelle splendide tope delle Bananarama, Bono che sembra Zed di Scuola di Polizia 

i Kool and the Gang e quella roba strana di David Bowie e Paul McCartney che spedirono le loro registrazioni per posta…

E insomma… eccola in tutto il suo splendore:

Certo che però… parlare di testi trash e non tirare fuori dal cilindro gli Abba è difficile impossibile: eccoli qui, con i loro vestiti e le loro barbe e le loro pettinature improbabili (una buona parte del buco nell’ozono è dovuta alla lacca usata dagli Abba e dai loro fan).

Happy New Year a tutti:

La versione internazionale dei Ricchi e Poveri (ah, se solo Marina Occhiena non se ne fosse andata!)

Ricordate i tempi in cui Jovanotti era solo un cretino col cappellino? C’è qualcuno che ancora li rimpiange

Beh: a un certo punto se ne viene fuori con questo album dal titolo Lorenzo 1992 (i più arguti tra voi avranno forse intuito che venne pubblicato nel 1992) che stupisce pubblico e critica, rendendolo un personaggio quasi presentabile. Manca ancora qualcosa per la consacrazione definitiva e l’aiuto arriva da Luca Carboni, ai tempi decisamente sulla cresta dell’onda, che lo coinvolge nel Ci vuole un fisico bestiale tour 1992 con Jovanotti, esperienza dalla quale nascerà anche un doppio ciddì (che, ovviamente, fa bella mostra di se in uno degli scatoloni dove riposano buona parte dei miei cd). I due prendono una canzoncina d’ammore (More than Words degli Extreme) e ci appiccicano un po’ (tanto) di buonismo d’accatto “e intanto noi, ci facciamo i regali, il giorno che è nato Cristo, arricchiamo gli industriali“:

Per fortuna a risollevare il buon nome della musica italiana ci pensano gli Elii nei panni de Il Complesso Misterioso:

Ok: tradizionalismo a go-go con Bing Crosby:

e il tocco raffinato di Enya:

Perfino il Boss è caduto nel circolo vizioso delle canzoni di Natale, con (tra le altre cose) questa versione di Santa Claus is Comin’ to Town:

E allora, già che ci sono, chiudo con la classe dei Boney M. (quelli di Daddy Cool: sì, lo so… anch’io sono stato convinto per un sacco di tempo che Boney M. fosse il nome di un cantante):

Parecchi anni fa passeggiavo per Londra e mi sono trovato davanti ad un locale in cui, quella sera, avrebbero cantato i Boney M.: non ricordo se non ci sono andato perché avevo già prenotato i biglietti per il musical serale (molto probabile) o perché il locale fosse un dichiaratissimo ritrovo gay (già: possibile anche quello… credevo di trovarmi in imbarazzo, e poi ero a Londra con due ragazze (che, probabilmente, sarebbero venute volentieri)). In entrambi i casi, quel giorno ho fatto una memorabile cazzata.

Ah! se qualcuno se lo chiedesse: nonostante tutto il male che ne ho scritto, adoro tutte queste canzoni.

(pubblicato originariamente il 17/12/12)

Vorrei cantare insieme a voi… alcune canzoni che fanno “Natale”

Torniamo in argomento natalizio con una delle strenne più classiche di sempre: era il 1986 e Michel Platini, il mio più grande amore calcistico fino all’arrivo di Alessandro Del Piero, convinse alcuni dei calciatori più in vista del tempo (l’elenco completo, e in ordine alfabetico, è: Alessandro Altobelli, Giancarlo Antognoni, Klaus Bergreen, Daniel Bertoni, Dario Bonetti, Zbigniew Boniek, Liam Brady, Antonio Cabrini, Bruno Conti, Dan Corneliusson, Dirceu, Edinho, Preben Elkjaer, Giovanni Galli, Francesco Graziani, Ruud Gullit, Jùnior, Wim Kieft, Marino Magrin, Daniele Massaro, Michel Platini, Paolo Rossi, Karl Heinz Rummenigge, Glenn Peter Stromberg e Aleksandar Trifunovic) a far finta di essere capaci di cantare e provare a fare qualcosa in stile Band Aid (in uno dei prossimi post). Ne venne fuori Alleluia, una canzone il cui testo era ad altissimo contenuto di dolcificanti, intrisa di un buonismo davvero eccessivo che, ovviamente, a me avrebbe dovuto fare schifo.

Certo: come no…

L’ho adorata e la amo follemente anche adesso.

Saranno quei visi, uno in parte all’altro: Platini, Cabrini, Paolo Rossi, Rummenigge, Stromberg, Bruno Conti… che sono il Dream Team calcistico di quegli anni, sarà che mi emoziono ogni volta che vedo Liam Brady, sarà che avevo quindici anni e c’è quella storia della nostalgia del passato e dell’innocenza del proprio fanciullismo…

Per quanto possa sembrare incredibile, in rete non si trovano né il video ufficiale né il testo della canzone.

Beh: per il video non ho potuto far nulla, ma il testo l’ho trascritto e lo posto prontamente:


People can give you smiles

Smiles can give you love

Please don’t cry, oh little child

Tell me where is your home

Tell me ‘cause I’m your friend

Don’t you be afraid

Your heart will be loved

Everyone across the world

All the world needs is love


Alleluja singin’ A’luja

Living the Christmas time

Alleluja shinin’ in town

In all the world

Alleluja singin’ A’luja

Living the Christmas time

All the people must remember love

To survive


People say love tonight

Troubles are far away

So tell me why you’re sad inside


Stand in the peaceful night

Waitin’ for wonder light

Love is in your eyes my friend

Love is in your eyes my friend


Alleluia singin’ A’luia

Living the Christmas time

Alleluia shinin’ in town

In all the world

Alleluia singin’ A’luia

Living the Christmas time

All the people must remember love

To survive


For everyone it’s love

Love is my world

Love is in your eyes my friends


Alleluia singin’ A’luia

Living the Christmas time

Alleluia shinin’ in town

In all the world

Alleluia, Merry Christmas

Felices Navidad

Alleluia, Bon Noel a tout le monde

C’è forse qualcosa di più natalizio?

Beh… sì.

Estate 1971: mentre io annaspavo nel liquido amniotico, la Coca Cola riunisce su una collina nei pressi di Perugia 200 ragazzi provenienti da ogni parte del mondo, li dispone in modo da formare una piramide rovesciata, affida ad ognuno di loro una candela e li fa cantare qualcosa a caso (che poi tanto ci pensa il playback). Ne nasce uno dei più fenomenali spot di tutti i tempi, in programmazione per più di vent’anni (e, secondo me, funzionerebbe ancora benissimo):

Vorrei cantare insieme a voi, in magica armonia (magica armonia)

auguri Coca Cola e poi

un coro in compagnia

(canta insieme a noi)

auguri Coca Cola e poi

un coro in armonia (un coro in armonia)

cantate tutti insieme a noi

Ok: poi ci sono le canzoni “serie”. E probabilmente la più bella canzone natalizia di tutti i tempi l’ha scritta il più fenomenale songwriter della nostra epoca:

e, parlando di canzoni “serie” non possono certo mancare gli Elio e le Storie Tese con questa “Agnello Melody” (sì, lo so: ce ne sarebbe un’altra… ma la metto nel prossimo (e ultimo? probabilmente sì) post sulle canzoni natalizie):

Credo non ci siano parole che possano definire gli Elii meglio di “geniali”: vi sembra una canzone cantata e suonata male e con un video orribile? Certo. E allora perché impazzisco ogni volta che la ascolto?

Due tuffi nella tradizione: sopra (Everybody’s waiting for) The Man with the Bag di Kay Starr, sotto White Christmas nella versione di Dean Martin:

Nat King Cole canta The Christmas Song (Chestnuts Roasting on an open fire):


E torniamo a tempi più recenti (1994) con Mariah Carey e la sua All I want for Christmas is you (di cui è anche co-autrice):

I won’t ask for much this Christmas 
I won’t even wish for snow 
I’m just gonna keep on waiting 
Underneath the mistletoe 
I won’t make a list and send it 
To the North Pole for Saint Nick 
I won’t even stay awake to 
Hear those magic reindeer click 
‘Cause I just want you here tonight 
Holding on to me so tight 
What more can I do 
Baby all I want for Christmas is you 

che, secondo il The New Yorker (e wikipedia), è “una delle poche aggiunte moderne ai canoni natalizi”

la Carey, tra l’altro, nel video dimostra che non servono costumi scosciati e scollature vertiginose (anche se non sono certo tipo da lamentarmi, nel caso): per essere incredibilmente sexy basta un bel sorriso.